Rinascere sulla propria pelle

Alberto Battaglia è giornalista professionista dal 2016, ha avuto le prime esperienze a Milano Finanza e Radio24 e in seguito a SkyTg24, Wall Street Italia. Oggi lavora con We Wealth e Good Morning Italia. Ha collaborato, attraverso contributi esterni, fra gli altri, con MicroMega, Forbes Italia, Avvenire, Venerdì di Repubblica.

Nato a Sanremo, si è laureato all’Università Cattolica di Milano in Linguaggi dei Media e successivamente ha conseguito il diploma del Master in giornalismo, sempre in Cattolica.

 
 
1. Con l’articolo “Rinascita sulla propria pelle” pubblicato sulla rivista Wall Street Italia, ha vinto il Premio Fiaba 2022, il concorso giornalistico dedicato al tema dell’educazione finanziaria come strumento di inclusione sociale promosso da ABI, FEduF e Fiaba con il patrocinio del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Ci racconta in che modo Cartiera di Lama di Reno ha vinto la sfida della sostenibilità?

Ciò che più colpisce di Cartiera è che incarna su piccola scala ogni aspetto di quello che oggi chiamiamo Esg, ma con grande capacità di ispirare. C’è la rinascita di un territorio la cui storica impresa è stata superata dalla globalizzazione; c’è la rinascita di persone che hanno realmente rischiato tutto pur di abbandonare una situazione di pericolo nel loro Paese di origine; c’è, infine, la valorizzazione delle risorse materiali, ossia la pelle che non è riuscita a finire in una borsa di Fendi o Gucci... e che trova una nuova forma grazie alla manodopera che Cartiera ha formato.

2. L’educazione finanziaria può essere uno strumento concreto per l’emancipazione delle fasce di popolazione più vulnerabili?

Sì. Se parliamo di soggetti che provengono da culture molto diverse dalla nostra, il rapporto con la banca e le nozioni più elementari della finanza possono essere completamente sconosciuti. Questo limita le capacità di scegliere le opzioni lavorative più adatte alla propria situazione, minando la possibilità di benessere a lungo termine. Ho visto con i miei occhi come in Africa “essere imprenditori di se stessi” sia un’aspirazione predominante. Per riuscirci in Europa, però, servono maggiori nozioni di diritto e finanza, perché l’economia sommersa viene molto più combattuta.

3. Quali sono i fattori necessari per favorire un percorso di inclusione nel nostro Paese e su quali occorre investire di più?

L’inclusione dei soggetti in condizioni di svantaggio, a mio avviso, viene favorita più di ogni altra cosa dalla disponibilità di posti di lavoro dignitosi. La repressione di fenomeni come il caporalato e il reddito minimo garantito sono giuste misure correttive, ma occorre investire sui provvedimenti che rendono più concorrenziali le imprese e, per i disoccupati, sulla formazione delle competenze più richieste dal mercato del lavoro.

4. Il concorso, che di recente ha allargato i suoi temi alla sostenibilità, ha visto quest’anno la collaborazione anche dell’ASviS, del CeRP-Fondazione Collegio Carlo Alberto, del Global Compact Network Italia e del Museo del Risparmio. Quanto peso ha il “fare rete” per contribuire alla definizione di un paradigma di sostenibilità sociale e ambientale?

Fare rete aiuta a formare l’opinione pubblica e a ridefinirne le priorità. Questo può esercitare un’influenza sul fattore che, in ultima analisi, è quello determinante: incoraggiare i governi verso i provvedimenti legislativi che costringano le imprese dal maggiore impatto ambientale e meno rispettose dei diritti sociali a fare meglio. Infatti, raccontare gli esempi “virtuosi” non deve illuderci che tutte le imprese abbiano un interesse diretto a diventare veramente green - perché questo, è giusto dirlo senza retorica, costa denaro.