IL PUNTO




“Il Punto” è la rubrica istituzionale che ospita brevi interventi di esperti autorevoli sui temi dell’educazione finanziaria e dell’inclusione.

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Etica e Denaro

di Suor Alessandra Smerilli, Prof.ssa di Economia politica alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione “Auxilium” di Roma

In quale misura l’educazione finanziaria e una nuova etica del denaro possono incoraggiare il cambiamento e il progresso culturale dei mercati?

Attualmente la dimensione economica nella formazione professionale e universitaria in genere è molto schiacciata sul versante aziendalista e sull’apprendimento di tecniche e di strumenti. La separazione tra cultura tecnica e cultura umanistica ha portato a non considerare l’economia come una scienza della formazione di base. Scriveva a tal proposito il filosofo italiano Giovanni Vailati nel 1899 riguardo la proposta di inserire l’economia nelle scuole superiori: «E veramente ci dovrebbe sembrare molto strano, se non vi fossimo abituati, il fatto che mentre da un giovane, che aspira ad ottenere un certificato di idoneità [un diploma], … si richiede che sappia i nove nomi delle muse o dei sette re di Roma, o in che sistema cristallizzano lo zolfo e la pirite, e non si esige invece che abbia la più vaga nozione della differenza tra imposte dirette e indirette o di ciò che sia una banca o una società anonima» (Scritti, III, p. 262). Oggi l’economia è diventata una grammatica delle relazioni umane, non solo una faccenda tecnica. Siamo immersi tutto il giorno in consumi, vendite, lavoro, prezzi, e l’educazione economico-finanziaria dovrebbe far parte della formazione del carattere dei giovani; altrimenti diventiamo sudditi economici in una società che ci vorrebbe sovrani.

Come ci ricorda Papa Benedetto nell’enciclica Caritas in Veritate al n. 35: “Il mercato, se c’è fiducia reciproca e generalizzata, è l’istituzione economica che permette l’incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri”. Ma affinché il mercato diventi questo, c’è bisogno di cittadini educati e preparati.

L’economia è faccenda etica, e nelle scelte etiche c’è bisogno di consapevolezza, quindi di conoscenza, perché, come leggiamo ancora nella Caritas in Veritate, il mercato "trae forma dalle configurazioni culturali che lo specificano e lo orientano”. Un’economia che mette al centro la persona e le sue relazioni farà del mercato un luogo di incontro, un’economia che pone al centro l’individuo e i suoi bisogni. L’abate Antonio Genovesi, riconosciuto padre fondatore dell’Economia civile sosteneva proprio questo: perché il mercato funzioni bene, c’è bisogno che si coltivino le virtù civili, la fiducia pubblica innanzitutto: Non vi è niente di più vero nelle cose umane quanto questa massima: "ogni politica, ogni economica, che non è fondata sulla giustizia, sulla virtù e sull’onore, distrugge se medesima”.
Dobbiamo ripartire dalle virtù condivise per migliorare l’economia.

La generatività è una concezione completa dell’economia e dell’uomo che pone quest’ultimo al centro, permettendogli attraverso la relazione con gli altri di raggiungere qualcosa di più prezioso del profitto, ossia il benessere sociale. Partendo da questo presupposto, possiamo concludere che l’educazione finanziaria potrebbe rappresentare un contributo a qualcosa di superiore rispetto a una semplice alternativa economica?

L’antica tradizione dell’etica delle virtù ha come suo fondamento l’idea che la virtù è, al tempo stesso, naturale all’essere umano ma è bisognosa di educazione. Siamo fatti per le virtù, ma alle virtù ci si deve educare, non sono spontanee, c’è bisogno di formare il carattere. Questo vale anche per le virtù economiche e finanziarie: il buon risparmio, il consumo sobrio e responsabile, le scelte lavorative e produttive, sono scelte etiche, che quindi richiedono educazione e formazione. Oggi il mercato, soprattutto in paesi come l’Italia, soffre anche per mancanza di una educazione e di una formazione adeguati che non può non iniziare dalla scuola.

Educazione finanziaria, infine, non deve quindi rappresentare una informazione sugli strumenti finanziari o sulle tecniche di gestione dei fondi; anche, ma soprattutto questa educazione deve partire dal senso e uso del denaro, dalle sue potenzialità e rischi, delle sue virtù e dei suoi vizi. Ottimi sono, a questo riguardo, alcuni grandi classici della letteratura, da Shakespeare (Il mercante di Venezia) a Pinocchio, che sono grandi insegnamenti etici sul denaro e sulla finanza.



La sintesi tra il rigore dei contenuti e l’efficacia degli strumenti

di Umberto Filotto - Professore Ordinario di Economia delle Aziende di Credito e Retail Banking presso l’Università di Roma “Tor Vergata”, Segretario Generale Assofin e Coordinatore Comitato Scientifico FEduF

Di cosa parliamo quando parliamo di educazione finanziaria (d’ora in avanti EF)? La risposta parrebbe univoca e scontata ed invece non appena si approfondisce un po’ l’argomento si scopre che consumatori, studiosi, politici, giornalisti, commentatori hanno spesso idee, oltreché approcci differenti sull’EF. Proviamo quindi a mettere un po’ d’ordine prendendo come riferimento la disposizione di legge a cui in Italia siamo tutti tenuti ad allinearsi: le Disposizioni generali concernenti l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale (art. 24-bis L. 15/2017) la qualificano come “il processo attraverso il quale le persone migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari e sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie”.

Dunque la EF è un processo dinamico (e per questa non va confusa con la literacy o alfabetizzazione che rappresenta un dato puntuale relativo al livello di conoscenza di un determinato gruppo di persone) che deve caratterizzarsi per trasparenza e correttezza formale, requisiti fondamentali in quanto i suoi obiettivi sono il miglioramento qualitativo e quantitativo delle conoscenze, una maggiore conoscenza e padronanza degli strumenti finanziari, una più approfondita comprensione delle dinamiche economiche.

Se la EF è dunque fondamentale per consentire alle persone di assumere un ruolo attivo ed indipendente nella società va tuttavia evidenziato che non pochi ostacoli si frappongono alla sua erogazione ed esecuzione. Come tradurre e rendere fruibili, garantendo però rigore e precisione, temi difficili, fitti di terminologie tecniche molto specifiche, zeppe di calchi semantici e prestiti dall’inglese?

E in questo si delinea il primo e fondamentale compito del Comitato Scientifico: contribuire a utilizzare un approccio che unisca all’accuratezza scientifica, alla correttezza e alla neutralità dei contenuti, la capacità di mediazione culturale e di divulgazione scientifica delle attività di FEduF.

Una delle sfide principali è quella di garantire che l’educazione finanziaria sia efficace e coinvolgente, ma, al tempo stesso, contenuti e metodi devono essere adeguati al livello di sviluppo di ogni gruppo di stakeholder con il quale la Fondazione dialoga.

Prendiamo ad esempio la scuola: la gestione del carico di lavoro e il volume di contenuti da veicolare deve tener conto che i curricula scolastici sono già sovraccarichi; aggiungere materie, temi significa sfidare le leggi della fisica sull’impenetrabilità dei corpi. Occorre invece giocare sull’ottimizzazione dei contenuti, sulla sintonia tra metodi di insegnamento e fasi dell’apprendimento, sulla motivazione e sull’interesse dei destinatari.

Ed è proprio in questa direzione che si muove l’attività del Comitato Scientifico, la cui ragione d’essere è quello di creare la sintesi tra rigore dei contenuti ed efficacia degli strumenti e il cui metodo di lavoro deve quindi sempre valorizzare le sinergie tra accademici e divulgatori in un’ottica che abbina approccio scientifico, competenza, esperienza didattica e, last but not least, approccio valoriale, da sempre proposto da FEduF in linea con il pensiero dell’economia civile e dell’agenda 2030.

Tutte le nostre attività operano per il raggiungimento dei 17 goal richiesti dall’agenda 2030 dell’ONU.