Prevenire dai banchi di scuola

Patrizia Schiarizza - Avvocata e Presidente Fondatrice dell’associazione Il Giardino Segreto APS per la tutela degli orfani di femminicidio. Da ottobre 2021 Responsabile e Capofila del Progetto Airone finanziato dall’Impresa Sociale Con i bambini per la presa in carico degli orfani di femminicidio e delle famiglie affidatarie.
Si occupa di diritto di famiglia, diritto minorile e della persona, con particolare attenzione alla tutela delle donne vittime di violenza e maltrattamento. Opera a Roma e nelle principali città italiane in materia di separazioni, divorzi, affidamento e collocamento dei figli, adozioni, nazionali ed internazionali, tutela e curatela, filiazione naturale e legittima; in questo contesto si trova spesso ad assistere alle indagini delegate dalla Magistratura ai Servizi Sociali per individuare il miglior collocamento dei minori di età, soprattutto in casi di violenza intra familiare, acquisendo sempre maggiore esperienza anche rispetto all’intervento delle pubbliche amministrazioni nelle vicende di affidamento e collocamento dei minori di età.
 

1. Avvocata e da anni impegnata nel sostegno agli orfani di vittime di femminicidio, è anche Presidente de “Il Giardino segreto”. Ci racconta di cosa si occupa la sua Associazione?

Il Giardino Segreto, una associazione nata nel 2015 con l’obiettivo iniziale di offrire supporto legale e psicologico agli orfani di femminicidio e crimini domestici, nonché alle famiglie affidatarie che si prendono cura di loro. Abbiamo pensato che fosse importante mettere al loro servizio le professionalità che appartevano a me e alle mie socie fondatrici. Nel corso degli anni però, è emersa l’esigenza di rispondere a una gamma di bisogni più ampia, inclusi il supporto economico e soprattutto il bisogno di uno spazio di ascolto e accoglienza.

Da qui è nata l’idea di attivare i gruppi di parola, supervisionati dalla Dott.ssa Emanuela Iacchia. In questi incontri, le persone che si prendono cura degli orfani possono condividere esperienze, difficoltà e bisogni, rompendo l’isolamento e lo stigma sociale che spesso li colpisce, per essere parenti di una donna vittima di femminicidio ma anche di un assassino. Questo lavoro aiuta non solo chi ha vissuto traumi diretti, ma anche chi si ritrova indirettamente colpito dal dramma in un percorso di consapevolezza, sapere che non si è soli aiuta del percorso di riprogettazione della propria vita.

2. Da qualche anno si parla di “violenza economica”, un fenomeno molto diffuso a livello domestico nel nostro Paese ma le cui vittime spesso non ne hanno la minima consapevolezza. Perché è importante parlarne nelle scuole? E in che modo approcciate agli studenti per affrontare un tema così delicato?

La violenza economica, non lascia lividi sulla pelle, ma ferite profonde sull’autonomia e sulla dignità delle donne. Pensiamo al fatto che sono ancora moltissime le donne che non hanno un conto corrente autonomo, libero, ma molte volte cointestato con i compagni o con i mariti che in questo modo operano il controllo sulle spese personali, l’idea che certe richieste siano “normali” o che mostrare gli scontrini sia “parte del rapporto” sono tutti segnali che raccontano una realtà in cui la libertà personale è limitata, spesso la donna coinvolta non ne è assolutamente consapevole. È una forma di violenza silenziosa e subdola, che si infiltra nella quotidianità e si traveste da abitudine, da “gestione familiare”, da “fiducia reciproca”.

Una forma di violenza che colpisce nei contesti più insospettabili, fino ai livelli apicali del mondo del lavoro dove le donne che ricoprono ruoli importanti e di grande responsabilità vengono retribuite meno degli uomini con incarichi corrispettivi.

Ogni parola e azione aggiunge un tassello importante alla consapevolezza collettiva. Il legame tra violenza economica e violenza fisica è troppo spesso ignorato, ma è fondamentale: la mancanza di indipendenza economica è una gabbia silenziosa, che trattiene tantissime donne in relazioni pericolose e violente, perché non hanno alternative concrete.

Non è un fenomeno marginale, ma strutturale. Non solo rende invisibili le donne nel lavoro domestico e di cura, ma le rende vulnerabili nei momenti in cui sarebbe più vitale poter contare su risorse proprie: come quando devono lasciare un partner abusante, pagarsi un affitto, sostenere i figli, accedere alla giustizia.

Quella economica è una forma di violenza che avvolte non riusciamo a riconoscere per questo è fondamentale che la prevenzione cominci dai banchi di scuola perché se è difficile riconoscerla nel mondo degli adulti lo è ancor più da parte degli adolescenti. Non basta dire ai ragazzi “rispettate le donne”, serve dare loro gli strumenti per leggere la realtà, per comprendere che certi gesti, parole, dinamiche che spesso si travestono da “amore” o da “cura” possono in realtà essere segnali di controllo e sopraffazione.

3. Cosa si intende per linguaggio inclusivo e quanto conta promuoverlo?

Il linguaggio inclusivo non è solo una questione di forma, ma è soprattutto una questione di sostanza, di rappresentazione e di riconoscimento. Non basta inserire un asterisco o una vocale per “risolvere” il problema: il vero cambiamento parte da una trasformazione culturale profonda, che include la visibilità del femminile in tutti i contesti dal linguaggio quotidiano ai luoghi decisionali, fino ai libri di testo e alla narrazione pubblica.

Il linguaggio inclusivo è un linguaggio che riconosce la presenza del femminile, e quindi delle donne, all’interno della società in una condizione che non è tanto quella di eguaglianza, ma di pari opportunità, quindi è fondamentale promuoverlo perché soltanto nella misura in cui alle donne viene garantita la pari opportunità per esempio di accesso allo studio, di accesso alle carriere, alle stesse condizioni e allo stesso livello di trattamento economico si garantisce la realizzazione dell’indipendenza delle donne.

Quanto accaduto durante un recente evento in ABI con le classi di un liceo, dove ero relatrice, è molto significativo: dimostra quanto alcuni stereotipi di genere siano ancora radicati anche tra i più giovani. Le reazioni scomposte di fronte a un parterre interamente femminile ci raccontano che la parità non è ancora percepita come “normalità”, ma spesso come eccezione o addirittura come provocazione. Questo dimostra l’urgenza di agire a livello educativo, perché il cambiamento sociale passa proprio dai luoghi dove si formano le menti e le coscienze: le scuole.

4. Il Progetto Airone, di cui il Giardino segreto è capofila, è un’iniziativa di sostegno agli orfani e alle famiglie affidatarie.  Quali sono gli obiettivi del progetto?

Il Progetto Airone è uno dei quattro progetti selezionati nell’ambito del bando “A braccia Aperte” promosso dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
L’obiettivo del Progetto è quello di sviluppare un modello di intervento e presa in carico, flessibile, personalizzato e multidisciplinare a sostegno di ciascun orfano di crimine domestico, che possa garantire per il futuro l’adozione di linee guida e protocolli d’intervento omogenei sul territorio nazionale.

Il perimetro di azione si sviluppa nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche, Molise, Toscana e Umbria, ed è realizzato da un partenariato guidato dall’associazione Il Giardino Segreto, capofila del progetto, insieme a molti partner:
UNICEF, 4 Università (La Sapienza, LUMSA, Università di Siena, Consorzio Universitario Humanitas), la Regione Lazio, la Procura della Repubblica di Tivoli, 3 Aziende pubbliche di servizi alla persona (Dipartimento materno infantile del Policlinico Umberto I di Roma, ASL Roma 1 e ASP Teramo), la Rete Codice Rosa, FNAS Fondazione Nazionale Assistenti Sociali, enti di terzo settore (Associazione Cante di Montevecchio - Onlus, Associazione Centro ELIS, Tana Onlus, KAIROS Coop. Soc. A.R.L. ONLUS - ETS, La Locomotiva, O.P.E.S. Italia, il centro antiviolenza Be Free, ANCI, enti competenti nella formazione e nell’avviamento al mondo del lavoro (Oasi ed Orienta S.r.l.).

Mi piace ricordare la frase simbolo del progetto “Voglio tornare ad essere felice” che è il desiderio semplice, e bellissimo, espresso agli operatori de Il Giardino Segreto da un bambino. È una frase iconica, che ci è arriva al cuore, ed esprime il desiderio di guardare al futuro e anche quello di riconquistare le stesse opportunità di crescita e di realizzazione che hanno tutti gli altri.
Questo desiderio ci restituisce però anche l’urgenza di creare strumenti operativi (pedagogici, psicologici ma anche economici e culturali) per realizzare questa aspettativa di futuro e di “normalità”.
“Voglio tornare ad essere felice” è una fonte d’ispirazione che abbiamo adottato come slogan perché racconta gli aspetti principali dell’intervento del progetto Airone e della sua rete, e lo fa dal punto di vista degli orfani di femminicidio.

Quando avviene un terremoto sappiamo esattamente come intervenire, chi fa che cosa, per quale motivo e con quali tempistiche mentre quando una donna viene uccisa questo non si sa, sin dai primi momenti successivi alla morte della madre fino al momento dell’affidamento e nei mesi a venire, non esiste ad oggi una procedura coerente.

Il Progetto Airone nasce proprio per colmare questo vuoto, con l’obiettivo di: creare delle linee giuda a livello nazionale per accompagnare in maniera concreta i bambini e le bambine orfani dalla tragedia fino alla nuova quotidianità, garantire ad ogni famiglia, in ogni regione, lo stesso livello di supporto, senza dipendere dalla fortuna di incontrare istituzioni “illuminate”, rispondere a domande fondamentali: chi si occupa dei minori nei primi momenti? Chi spiega loro cosa è successo? Come affrontare l’ambito supporto scolastico? A questi e molti altri quesiti il Progetto vuole trovare le risposte.