Non si perde mai. O si vince o si impara

Federico Visconti, dal 2003, è stato Professore Ordinario presso l’Università della Valle d’Aosta, dove ha assunto l’incarico di Preside della Facoltà di Scienze dell’Economia e della Gestione Aziendale e di Prorettore. E’ stato inoltre membro del Presidio di Qualità dell’Ateneo. Dal giugno 2015 è Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università Carlo Cattaneo - LIUC. Dal 1 novembre 2015 è Rettore dell’Università Carlo Cattaneo - LIUC.
 

1. “Non si perde mai. O si vince o si impara”. Ci può commentare questa citazione di Nelson Mandela?

Non si vince sempre! Nella vita, nel lavoro, nello sport. Parola di interista, reduce da Wembley dopo aver vissuto Tottenham-Inter.  E, a proposito di neroazzurro, non vado oltre.
Quando si perde, non bisogna abbattersi, ma farne tesoro, il che significa imparare dagli errori, dalle sconfitte, dalle contraddizioni. Questo momento storico non aiuta: il mantra per cui c’è sempre (o quasi) una soluzione tecnologico/digitale per qualsiasi momento della giornata è diseducativo: la vita non è una app! La sfida è dunque educativa: si devono recuperare "idee e valori forti" come il fascino del rischio e dell’intrapresa, la dimensione positiva della paura, il senso della semina e del raccolto (ce lo insegnavano i nostri nonni: impone fatica, richiede pazienza, i risultati non sono certi..... perle di saggezza a rischio di estinzione), l’ambizione a costruire qualcosa di bello per sé e per gli altri….
Come si fa? Si fa quel che suggerisce Mandela. Si fa quello che mi ripeteva spesso un amico imprenditore, che avvertiva una grande responsabilità verso i suoi duecentocinquanta dipendenti: “Mai mulà!”. Traduzione numero 1: “Mai mollare!”. Traduzione numero 2. “Never give up!”.

2. Quanto c’è bisogno di educazione finanziaria nel nostro paese?

Non ho parametri quantitativi. Uso un aggettivo: enorme! Ho qualche ricordo di quando (ad esempio ai tempi della staffetta Mazzola-Rivera) si parlava degli italiani come di 60 milioni di commissari tecnici della nazionale di calcio. Può starci ed è estendibile ad altri campi: oggi rischiamo di avvicinarci ai 60 milioni di chef. Ma quando si parla di economia e di finanza, i margini di interpretazione creativa si riducono all’osso.
Due evidenze, a prescindere dal mondo della gestione del risparmio, che meriterebbe un capitolo a sé.
Spread e dintorni. Spesso ho la sensazione che i fiumi di parole che si riversano sul debito dello stato, sul peso degli interessi, sulla sostenibilità del sistema pensionistico, su chi più ne ha più ne metta, prescindano dal buon senso con cui sono cresciuti i nostri nonni (gira e rigira, la saggezza sta lì!): cosa entra nel cassetto, cosa esce dal cassetto. I meccanismi economici che regolano il funzionamento del cassetto sono tutt’altro che semplici. Ma questo non è una buona ragione per scegliere la via breve, quella di concentrarci sul come “far uscire” risorse, lasciando il cerino del “farle entrare” a qualcun altro, che di solito, una volta ben sistemati sé stessi, finisce per essere il vicino di casa.
La creazione del lavoro. Qualche giorno fa ho partecipato ad un convegno di Confindustria in cui il sindaco di Cittareale, paese vicino ad Amatrice, ha testimoniato l’importanza di una piccola azienda locale, il Birrificio Alta Quota. Per un territorio di duecento abitanti, in un’area così disagiata, sei posti di lavoro rappresentano una specie di manna. Ho fatto al volo una riflessione “a tavolino” su come portare la manna al cubo, puntando ai 20 dipendenti. Lanciando nuovi prodotti? Aprendo qualche nuovo punto di vendita? Investendo sull’e-commerce? Provando la via dell’estero? Alleandosi con altre imprese? … Potrei generarne altre decine e sono certo che l’imprenditore di Alta Quota di ipotesi ne abbia di ben più fondate delle mie, magari non dormendoci la notte, preoccupato dalla scarsità di risorse o dal timore delle reazioni dei concorrenti o da molto altro ancora. Il messaggio però deve essere chiaro: a domande di tale tenore non risponde Google! Risponde l’imprenditore. In tema di educazione economico-finanziaria, si sta perdendo il significato profondo del ruolo sociale dell’impresa, cioè dei luoghi dove si crea il lavoro. Le imprese vivono dando risposte, con i fatti, tutti i giorni, a domande come quelle che ho tracciato. Mestiere difficile quello dell’imprenditore, rischioso, da uomini soli. L’Italia è cresciuta con questi “mestieri” e tuttora ci campa. Sul piano pedagogico, nel vuoto pneumatico dei tweet e dei like, dovremmo ricordarcene più spesso.

3. I ragazzi che frequentano la LIUC gestiscono con consapevolezza il loro denaro?

Non ho riscontri specifici. Su una popolazione di circa 2200 studenti, la Residenza ne ospita più di 400. Presso la Residenza c’è uno sportello bancario molto attivo con i ragazzi, siano essi italiani e stranieri.  L’Ateneo riserva una attenzione particolare alla mobilità sociale, attraverso borse di studio e altre forme di sostegno, che impongono precise assunzioni di responsabilità. Il tutto mi fa presumere che, in particolare per gli studenti che provengono da altre aree territoriali, si creino condizioni che inducono una attenzione di fondo all’utilizzo del denaro. Forse giocano anche altre variabili di contesto, che educano alla parsimonia: Castellanza non è Milano, l’Olona non offre le stesse opportunità dei Navigli. In verità mi giungono regolarmente voci di LIUC Party di varia natura, qua e là sul territorio. Giusto così, se no che esperienza universitaria sarebbe?

4. Il mondo accademico cosa ha fatto e cosa ancora può fare in questa direzione?

Parlo per la LIUC. Avendo due soli corsi di studi (in Economia e in Ingegneria Gestionale) formiamo, verrebbe da dire “di default”, gli studenti alle principali dimensioni tecniche dei temi in oggetto. Metto sul tavolo anche l’aspetto identitario, il DNA dell’istituzione: Università delle imprese per le imprese, insediata in un vecchio cotonificio, molto attenta all’interazione con l’economia reale …… tutto questo fa gioco.
Iniziative di sensibilizzazione specifiche, progettate ad hoc non me ne risultano. Si è iniziato ospitando “I Fuoriclasse della Scuola”, si è proseguito con questa intervista, confido che il sano spirito imprenditoriale che rappresenta lo stile della casa ci farà nascere qualche idea per il futuro.