Le dinamiche del digital divide

Brunella Russo - Laureata in Economia e Commercio nell’Università degli Studi di Messina, ha conseguito l’abilitazione alla professione di Dottore Commercialista nella sessione 1987-1988, ed è iscritta al Registro dei Revisori Contabili presso il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma dal 1995.
È Mediatore e Arbitro Civile e Commerciale con regolare frequenza a corsi di aggiornamento professionale.
Risulta iscritta all’Albo Nazionale Mediatori Civili e Commerciali con sede in Roma tenuto dal Ministero della Giustizia.
E’ inserita inoltre nell’Elenco dei Mediatori tenuto dal “Conciliatore BancarioFinanziario” (Organismo iscritto nel Registro di cui al D.M. 18 ottobre 2010, n. 180 del Ministero della Giustizia).
Dal 2020 è Educatore Finanziario AIEF regolarmente iscritto al Registro.
Attualmente ricopre il ruolo di professore associato di Diritto dell’Economia afferente al Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche dell’Università di Messina con incarichi di insegnamento nelle materie di Diritto Bancario e Finanziario, Diritto Commerciale, Contratti d’impresa presso i Dipartimenti di Economia e Giurisprudenza di Messina.
È autrice di numerosi saggi su primarie riviste scientifiche, contributi in volume e opere collettanee in materia di diritto bancario e finanziario e di diritto della crisi di impresa. Molte delle pubblicazioni più recenti vertono sul rapporto tra regolazione e nuove tecnologie digitali.

 
 
1. Quali sono le difficoltà che hanno determinato il divario delle conoscenze finanziarie dei cittadini italiani nel confronto internazionale?

Due essenzialmente le cause di un perdurante analfabetismo finanziario e digitale della popolazione italiana: il substrato culturale che condiziona fortemente il ruolo della donna nella sua emancipazione sociale e professionale, finendo spesso con il precludere l’approccio al settore tecnologico e alla formazione di competenze digitali e finanziarie ancora considerate ad appannaggio degli uomini.

E il divario economico-sociale che incide anche su altre fasce della popolazione ovvero sui giovani penalizzati da livelli bassi di scolarizzazione ed alti tassi di povertà (soprattutto nelle aree più depresse del Mezzogiorno) e anziani ad elevato rischio di esclusione sociale e, dunque, finanziaria.

2. In questo contesto qual ruolo ricopre la digital divide?

Le accennate vulnerabilità del sistema-paese fanno sì che non tutti i cittadini siano pronti e preparati allo stesso modo. Sul piano pratico ciò si scontra con effetti di segno contrario: da un lato, “opportunità” di crescita (sociale, educativa, commerciale) offerta dalle tecnologie innovative e, dall’altro, “fragilità” alimentata della stessa digitalizzazione.

Quest’evidente antinomia mette a nudo le disparità di mezzi e conoscenze della popolazione italiana tanto da acuire ancor di più quel gap tra Nord e Sud sfociando in un ulteriore forma di disuguaglianza che prende oggi il nome appunto di ‘digital divide’.

3. Esiste un fil rouge che collega il FinTech, l’inclusione finanziaria e le strategie educative a livello nazionale e internazionale?

Le dinamiche attraverso cui il FinTech potenzialmente influisce sulla disuguaglianza sociale e di «genere» lascia sicuramente spazio alla verifica di un possibile legame tra finanza on line, inclusione finanziaria e strategie educative, ritenendo la tecnologia il vettore ideale per incrementare le conoscenze e porre le basi per nuovi approcci di regolamentazione e vigilanza in termini di sviluppo di servizi digitali inclusivi e per l’offerta di un’adeguata protezione della clientela on line.

È possibile dunque affermare che l’accesso ai servizi finanziari innovati, con il loro corredo di norme, è gradualmente diventato una precondizione per la partecipazione pubblica ed economica ad una società moderna e quindi per una più ampia integrazione sociale.

4. In qualità di docente universitaria, che idea si è fatta circa l’approccio dei suoi studenti all’uso consapevole del denaro?

Paradossalmente la fascia di età compresa tra i 20-25 anni risulta meno interessata alle necessità presenti e prospettiche di programmazione del proprio denaro, sconoscendo le varie possibilità di investimento anche in chiave pensionistica.

Quanto all’uso del denaro per scopi commerciali una serie di fattori comportamentali – e non meno legati alla recente evoluzione dei “social media” come veicoli d’interazione e pubblicizzazione per l’acquisto di beni e servizi – incidono negativamente sull’approccio (molto spesso disinformato rispetto ai rischi) alle piattaforme di e-commerce e trading online.

5. Se dovesse concentrare in una sola battuta il contenuto del volume edito nel 2022 da Giappichelli di cui è autrice "L’educazione finanziaria nell’era delle tecnologie digitali. Una lettura coordinata per un approccio nuovo alla disciplina", cosa ci direbbe?

Un cambio di prospettiva verso un’educazione finanziaria digitale veicolato dalla ricerca di un “canale” (il linguaggio) adeguato ad uno “spazio” (il web) ove le informazioni finanziarie acquisite diventano bagaglio culturale e di upskilling per scelte d’investimento consapevoli e automatizzate.