La previdenza e l’opinione diffusa di avere “tanto tempo per pensarci”

Ornella Ricci è Professore associato di Economia degli Intermediari Finanziari nell’Università di Roma Tre, dove insegna Economia delle Imprese di Assicurazione e della Previdenza ed Economia del Mercato Mobiliare. Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Banca e Finanza presso l’Università di Roma Tor Vergata.


1. Si scrive “previdenza” si legge “momento assai lontano per il quale è inutile prepararsi oggi”. Si tratta di un fenomeno tipicamente italiano? Che idea ti sei fatta?

Esistono moltissimi studi che dimostrano la tendenza a procrastinare le decisioni connesse alla previdenza complementare, nella convinzione di avere ancora “tanto tempo per pensarci”. Per una persona molto giovane è probabilmente ancora più naturale, nonostante il tempo sia invece un fattore fondamentale per una pianificazione pensionistica efficace. Non credo si tratti di un fenomeno tipicamente italiano. Ricordo, ad esempio, un’indagine internazionale di Eurispes che evidenziava come, per gli intervistati di tutti i paesi - di età compresa tra i 18 e i 30 anni - l’orizzonte di pianificazione della propria vita avesse un valore medio compreso tra 4 e 8 anni. Orizzonte nel quale non rientra certo la fase successiva all’uscita dal mondo del lavoro (ammesso che sia già avvenuto l’ingresso!).

2. Come mamma, quali sono gli esempi da dare in casa perché i figli acquisiscano sin da subito l’importanza della gestione consapevole e previdente del denaro?

I nostri bambini vivono in un mondo “veloce”, complesso, caratterizzato da mille stimoli e sono tipicamente impazienti e volubili. Credo possa essere utile abituarli alla pianificazione: attraverso strumenti semplici come “paghetta” e “salvadanaio” possono imparare a fissare piccoli obiettivi, monitorarli nel tempo, attenderne con pazienza e costanza il raggiungimento. È anche fondamentale parlare con serenità di denaro, facendone comprendere ai più piccoli il valore, senza generare ansia ed evitando di contribuire al rafforzamento di stereotipi, come quelli legati al genere.

3. Dal punto di vista di docente universitaria quali sono le carenze più evidenti dei giovani studenti e parallelamente le loro più grandi risorse in fatto di cultura economica?

Molti ragazzi arrivano in Università con gravi carenze nella preparazione di base, soprattutto nelle materie scientifiche. Pur essendo intellettualmente vivaci e molto curiosi verso la Finanza, hanno spesso una “fame di conoscenza” che si ferma ad un livello troppo superficiale, mostrando difficoltà nel mantenere viva l’attenzione o nell’approfondire individualmente lo studio. La pandemia non ha certo aiutato, costringendo per lungo tempo alla didattica a distanza e togliendo tanto anche all’aspetto relazionale della vita universitaria. Allo stesso tempo, i nostri giovani studenti, forse proprio perché vivono in un mondo sempre più complesso e subiscono tanta incertezza rispetto al futuro, mostrano notevoli capacità di adattamento, di soluzione dei problemi e anche di collaborazione tra loro.

4. Se la maggior parte delle professioni che eserciteranno le giovani generazioni oggi ancora non esistono, non è altrettanto avveniristico fare cultura sul sistema pensionistico?

Direi di no. Al contrario, proprio perché il mercato del lavoro sta subendo rapide trasformazioni, è fondamentale fornire ai giovani le conoscenze e le competenze di base in materia pensionistica. Qualunque sarà la loro professione, è molto probabile che il sistema pensionistico obbligatorio non potrà garantire un’adeguata copertura previdenziale e che sarà necessaria un’integrazione realizzata con risparmio volontario. Questa crescente responsabilità individuale nella costruzione del proprio futuro pensionistico deve essere necessariamente accompagnata da un maggior livello di alfabetizzazione finanziaria, per il bene dei singoli e dell’intera collettività.