La cultura del welfare

Giuseppe Rocco - Laureato nel 1992 in Economia e Commercio all’Università Federico II di Napoli, è un esperto previdenziale. Collabora come dirigente sindacale con il Dipartimento Welfare e con il Dipartimento Comunicazione della First Cisl, (è autore delle riviste Articolo 47 e Futuro Attuale). E’ Docente al Corso professionalizzante per Amministratori dei fondi pensione Abi formazione/Unitelma. È stato membro dell’Occupational Pensions Stakeholder Group dell’Eiopa, l’Autorità di vigilanza europea su assicurazioni e fondi pensione con sede a Francoforte. E’ impegnato da molti anni nell’attività di divulgazione in ambito pensionistico e del welfare in generale collaborando con il Mefop. In particolare, è autore dei Quaderni Mefop “La previdenza raccontata con le favole”, “La previdenza in note” e, sul sito www.sonoprevidente.it, di Welfare in Aforismi, Rime di Welfare, Welfare in Scena ed attualmente è in fase di pubblicazione Welfare in gioco.

 
 
1. Perché è importante essere previdente?

Viviamo in un contesto in profonda evoluzione alla luce della particolare fase economica e delle caratteristiche demografiche del nostro Paese che si caratterizza per un innalzamento della vita media e un calo della natalità. Secondo le recenti rilevazioni dell’Istat, che non a caso parla di “inverno demografico”, la speranza di vita alla nascita è pari nel 2022 a 82,6 anni (80,5 anni per gli uomini e 82,6 anni per le donne) e, quello che è il fattore di particolare allarme, siamo in una progressiva tendenza alla denatalità (il dato è di circa 1,24 figli per donna). Tra i diversi effetti che si producono vi sono quelli sul nostro sistema di Welfare e, in particolare, sul sistema previdenziale che si struttura finanziariamente sul criterio della ripartizione. I contributi dei lavoratori in attività finanziano cioè il pagamento delle pensioni. Dagli anni Novanta si è allora avviato un percorso di riforme, caratterizzato da una intensità e da una frequenza particolarmente accentuate, con l’obiettivo di contemperare le esigenze di rendere sostenibile finanziariamente e socialmente il sistema e di consentire al cittadino di tendere ad un tenore di vita “adeguato” nella fase della quiescenza. In questa prospettiva si è introdotto un nuovo metodo di calcolo della pensione, il contributivo, che determina una futura pensione tendenzialmente più ridotta di quella che veniva determinata dal precedente metodo di calcolo retributivo. Diviene allora di fondamentale importanza, al fianco della pensione obbligatoria (Inps, Casse di previdenza dei liberi professionisti), “costruire nel tempo” un percorso di integrazione pensionistico (che nel nostro sistema è volontario) che copra il “rischio previdenziale” e quello che si definisce “rischio longevità” (il rischio cioè di non avere risorse finanziarie sufficienti di fronte alla prospettiva, di per sé sicuramente molto favorevole”, di vivere sempre più a lungo).

2. Quali sono i benefici del welfare privato nel nostro Paese?

I benefici sono rappresentati dalla possibilità di integrare le prestazioni di matrice pubblica in ambito previdenziale, ma anche sanitario, con soluzioni previste dalla contrattazione collettiva o di tipo individuale. Si diversifica così sia il “rischio politico” (che possa cioè modificarsi la normativa di riferimento) che il “rischio economico”, si combinano cioè differenti meccanismi di funzionamento. Nel caso specifico della previdenza complementare, si affianca con i fondi pensione ad un sistema Inps, a ripartizione e che rivaluta annualmente i contributi versati sulla base della media del Prodotto Interno Lordo degli ultimi cinque anni, un “salvadanaio per la pensione” a capitalizzazione. La futura pensione integrativa dipenderà dai contributi versati nell’arco della propria vita lavorativa, dalla lunghezza del periodo di contribuzione, dai rendimenti finanziari, dai costi. Importantissima anche la fase della rendita vitalizia con la possibilità di “scegliere” una tipologia di rendita da “calibrarsi su misura” sulle esigenze proprie personali e familiari (p.es reversibilità, copertura per il rischio di non autosufficienza).

3. A quali progetti ha collaborato negli ultimi anni per spiegare il welfare agli studenti e con quali esiti?

Non ho collaborato in modo diretto nella divulgazione con gli studenti. Da molti anni come espressione di impegno civile sto sviluppando però con il Mefop, che ospita i miei contributi come studioso e che colgo occasione per ringraziare, un modo diverso di “raccontare” il “divenire” del nostro welfare in maniera “leggera” e non “ansiogena”, partendo dal perché accadano le modifiche, illustrando i diversi profili tecnici in maniera divulgativa, utilizzando parole semplici, e ponendo in evidenza i temi di novità che devono essere affrontati dai cittadini. Il tutto partendo dal presupposto che il nostro agire, al di là dei profili di conoscenza tecnica, discende anche e soprattutto dalla ricerca del “buon senso applicato”. Partendo da questi convincimenti è nata un’idea “diversa” di raccontare inizialmente con due Quaderni di ricerca disponibili sul sito Mefop: La previdenza raccontata con le favole e La Previdenza in note (con le canzoni). Successivamente si è cercato di “modernizzare” la modalità espositiva allo Zeitgeist, lo “spirito dei tempi”, pubblicando in forma digitale una serie di lavori sul sito istituzionale di educazione al welfare del Mefop, www.sonoprevidente.it e provando a coniugare l’immediatezza del messaggio con la brevità dei concetti, in coerenza con i dettami delle Autorità di vigilanza che suggeriscono di evitare un overloading (eccesso) di informazioni. Potrebbe essere questa una modalità espositiva adatta ai giovani che si definiscono come “nativi digitali”. In questo alveo si collocano Welfare in aforismi, Rime di Welfare (utilizzando versi di poesie), Welfare in scena (parti di opere teatrali). Ulteriore messaggio è poi il legame che si cerca di evidenziare tra sensibilità culturale e concetti economici, troppo spesso percepiti come a contenuto invece esclusivamente tecnico.

4. Attualmente cura la rubrica “Welfare in gioco” promossa dal Mefop. Quali sono gli obiettivi che si propone di perseguire e quale pubblico intende coinvolgere?

La nuova rubrica cerca di diffondere la cultura del welfare legandolo a una serie di giochi, da tavola o di movimento, che hanno caratterizzato o caratterizzano il nostro percorso di crescita ed educativo o il tempo libero. Lo spirito è sempre quello di essere, per quanto possibile considerando la complessità dei temi, “leggeri” nel raccontare. Avrà cadenza mensile e sarà accessibile, così come le altre opere, liberamente sul sito www.sonoprevidente.it”. La prima puntata, già pubblicata, ha per esempio utilizzato come gioco la trottola, vista come uno strumento per creare un parallelismo con il cittadino che gira vorticosamente per trovare la “chiave di lettura” di un sistema previdenziale in costante aggiornamento (la Covip, la Autorità di vigilanza sui fondi pensione, in una recente Audizione parlamentare parlava di “volatilità normativa”). L’obiettivo è quello di provare a portare, nel mio piccolo, utilità nella conoscenza collettiva. Servirà? Lo spirito è quello del colibrì che in una bella favola africana risponde al leone che lo schernisce per il suo tentativo di spegnere l’incendio della savana, «io faccio la mia parte, e questo crea la differenza».