I bambini bravi e le bambine belle

Federica Sandi psicologa, psicoterapeuta e formatrice per gruppi di lavoro in ambito socio-sanitario. Dopo un master in gestione di impresa sociale ha lavorato per 20 anni nei servizi alla persona nel quale ha coniugato aspetti gestionali e psicologici per rendere migliore la qualità di vita di persone fragili, famiglie e lavoratrici/tori. Ha portando all’attenzione dei servizi la tematica del genere riferito alle persone con fragilità, che spesso vengono spogliate di questa dimensione. Come psicoterapeuta e formatrice si confronta spesso con i temi della violenza di genere nei contesti lavorativi e famigliari; anche attraverso percorsi di prevenzione dei comportamenti aggressivi nei servizi socio sanitari. Dal 2020 riveste il ruolo di consigliera segretario nel Consiglio dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi del Veneto.

 
 
1. Partiamo dal tema “donne e uso consapevole del denaro”. Le bambine vivono in un contesto in cui la paghetta è mediamente inferiore a quella dei coetanei maschi e la narrazione sociale le vede spesso principesse in attesa dell’intervento salvifico di un principe. Esistono a suo avviso differenze tra l’Italia e gli altri Paesi?

In alcuni articoli giornalistici questo fenomeno viene chiamato "paghetta gap": le bambine percepiscono una paghetta di importo inferiore rispetto a quella dei maschi e con una frequenza variabile, legata a ricorrenze o a loro richieste per acquisti specifici. Come se la gestione quotidiana delle proprie finanze non avverrà nemmeno quando saranno adulte e che in futuro ad occuparsene saranno, più che "principi", scaltri uomini che con il denaro hanno maggiore dimestichezza, proprio perché uomini: per nascita (come i principi).

Le differenze maggiori tra le famiglie nell’educazione all’uso consapevole del denaro, sono legate prevalentemente al livello di studio e di conoscenze dei genitori; il maggiore livello di conoscenze aumenta la parità di trattamento tra bambini e bambine. La cultura del paese in cui si cresce ha sicuramente una ricaduta su quello che avviene nelle singole famiglie: in paesi dove è più consueto per le donne ricoprire ruoli di leadership e potere, il gender gap è minore ed è più simile l’educazione che bambini e bambine ricevono (lo si vede nella scelta dei giochi che vengono loro proposti, delle attività a cui vengono indirizzati, al richieste che vengono fatte loro in famiglia, ...).
Nel 2022 il World Economic Forum ha pubblicato il Global Gender Gap Report che fotografa il divario di genere in 146 Paesi attraverso il Global Gender Gap Index, un indice che misura il gender gap in diversi campi, e l’Italia si è posizionate al 63esimo posto globale, subito dopo Uganda e Zambia. Se aggiungiamo il fatto che l’Italia è tra gli ultimi posti come numero di laureati tra i paesi della comunità europea, credo si possa dire che esista ancora un’ampia differenza nell’educazione delle nuove generazioni tra l’Italia ed altri paesi.

2. Quali sono gli stereotipi più ricorrenti che possono condizionare un differente approccio all’uso del denaro tra maschi e femmine?

Da ricerche recenti pare essere, rispetto al passato, meno presente nel nostro paese lo stereotipo per cui le donne siano meno capaci degli uomini a gestire denaro.
La credenza invece che differenzia molto l’approccio al denaro è quella per cui gli uomini realizzano il proprio sé nel rapporto con esso, realizzazione che sembra mancare completamente per le donne. Anzi la realizzazione del sé nella donna è esclusivamente legata alla cura dei membri della famiglia.
Questa visione è interiorizzata da uomini e donne e caratterizza le relazioni quando si parla (anche tra professionisti/e) di denaro e della sua gestione. Andando così a rinforzare la credenza stessa.
Le donne, a parità di conoscenze degli uomini, percepiscono di avere meno informazioni per gestire il denaro e questo è frutto degli stereotipi di genere percepiti fin da bambine.

3. Quali consigli darebbe ai genitori che si trovano per primi a dover educare i propri bambini e le proprie bambine ad una gestione “equa” e sostenibile del denaro?

Uno studio recente dimostra che le bambine e i bambini interiorizzano gli stereotipi di genere sulle capacità intellettuali già in età precoce, 5/7 anni, e questo influisce sui loro interessi. Ai maschi viene rimandato più spesso di essere bravi e alle bambine di essere belle; questo incanala inevitabilmente l’idea che una diversità nello stare al mondo tra maschi e femmine che bambini e bambine fanno proprie.
Un consiglio molto pratico può essere il porsi la domanda "direi o farei qualcosa di diverso se fosse un bambino invece di una bambina?"; è importante parlare con i figli e figlie dell’utilità del denaro e decidere tutti insieme per cosa verranno utilizzati i soldi percepiti con la paghetta. Questo in modo da fare sperimentare loro cosa vuol dire risparmiare e fare delle scelte nell’utilizzo dei risparmi; avere l’attenzione ad essere disponibili al confronto e a trovare assieme a loro soluzioni e strategie nel caso ne avessero bisogno.
I genitori non devono avere paura nel vedere in ragazze/i la fatica e la frustrazione per l’attesa di avere la cifra necessaria per effettuare l’acquisto desiderato; cogliere sempre l’opportunità di dare importanza e riconoscimento agli obiettivi raggiunti grazie alla progettualità messe in atto.

4. Cosa si intende per “violenza economica” e quali ricadute procura sulla libertà delle donne e sul loro benessere psicologico?

Si parla di violenza di genere tutte quelle volte in cui viene impedito alla donna di fare quello che vorrebbe o le viene imposto di fare qualcosa che non desidera fare. La violenza economica di genere è ogni forma di privazione o controllo che limita l’accesso all’indipendenza economica di una donna. Si verifica quando un uomo (parliamo di compagno/marito, padre, fratello) impedisce alla donna di avere un proprio lavoro e quindi una propria entrata, oppure impedisce alla donna di poter gestire in autonomia il proprio stipendio controllando ogni singolo movimento di denaro se non addirittura gestendolo al posto della lavoratrice. Si parla di violenza economica anche quando, in famiglie monoreddito, la donna non può svolgere nessuna operazione economica senza il benestare e controllo dell’uomo.
Solitamente non si presenta mai da sola e può essere ricondotta ad una più ampia forma di violenza psicologica.
Le ricadute possono essere devastanti in termini di autostima, percezione di poter essere in grado di affrontare la sfida della vita e prendere delle decisioni importanti per sé e per i propri figli o famigliari.
Molte donne arrivano a percepirsi come profondamente sbagliate e incapaci arrivando anche a svilupparsi disagi importanti come ad esempio forme di depressione, disturbi psicosomatici, disturbi d’ansia e disturbi da abuso di sostanze.

5. Ha partecipato a “Fate le brave”, il progetto ideato dal Cantiere Delle Donne in collaborazione con l’Ordine Psicologhe e Psicologi del Veneto per il contrasto alla violenza di genere grazie all’educazione finanziaria. Ci racconta com’è andata?

Il percorso di 8 incontri mensili ha visto coinvolti 22 professionisti/e e 1346 persone in totale si sono iscritte agli eventi a cui hanno partecipato in presenza o in diretta streaming.
Il riscontro da parte dei cittadini e di enti pubblici e privati è stato molto buono non solo in termini di partecipazione ma anche sotto forma di richieste di collaborazioni o di creazione di nuovi progettualità.

Ha fatto emergere come ancora molto ci sia da concentrarsi su questa tematica perché il tema del denaro non viene ancora percepito a pieno come elemento legato alla violenza di genere. Molte donne hanno scritto all’organizzazione ringraziando perché finalmente hanno sentito la propria condizione presa in considerazione. Altre per fare domande di approfondimento perché hanno compreso la necessità di attrezzarsi maggiormente per affrontare le situazioni della vita (lavorare di prevenzione).
Il progetto è stato anche un’occasione per chiarire come sia necessario un intervento sinergico tra varie figure professionali in modo da fare prevenzione e/o supportare situazioni di violenza di genere. Se magari questo poteva essere molto chiaro a psicologhe/i, assistenti sociali ed avvocate/i che collaborano con i centri Antiviolenza lo poteva essere meno per commercialiste/i, notai/e, consulenti finanziari, .... che adesso vedono più chiaramente la rete che hanno a disposizione.
Questo progetto ha aperto all’idea di portare iniziative simili nelle scuole, ed esistono già esperienze in merito, e nelle aziende per promuovere una cultura dell’antiviolenza e della parità di genere.