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Prima di questo, ha ricoperto diverse posizioni di rilievo nel Gruppo Intesa Sanpaolo, tra cui Direttore Generale di Cassa di Risparmio di Città di Castello e Cassa di Risparmio di Terni e Narni, e Vice Direttore Generale di Banca CR Firenze.
E’ inoltre Vicepresidente Nazionale dell’ ADSI (Associazione dimore storiche italiane) e consigliere d’amministrazione della Fondazione Treccani Cultura.
1. In un contesto in cui le disuguaglianze aumentano, quale ruolo concreto può e deve giocare il wealth management nell’educazione finanziaria delle nuove generazioni e delle fasce più vulnerabili?
Nel sistema finanziario le strutture dedicate alla gestione dei grandi patrimoni da tempo hanno sposato il principio che la ricchezza finanziaria non serve se non è impiegata per costruire un futuro più vivibile per tutti. Vengono regolarmente offerti eventi informativi e workshop dedicati ai temi della finanza sostenibile, percorsi di formazione in collaborazione con le scuole superiori ed Università e alcuni consulenti partecipano a programmi di alfabetizzazione economica in collaborazione con organizzazioni che offrono supporto finanziario alle fasce più deboli.
2. Come può il settore del wealth management contribuire a rendere il sistema finanziario più inclusivo, in particolare per i soggetti che tradizionalmente ne sono esclusi, come giovani e donne?
Dal nostro punto di osservazione emerge che raramente i padri coinvolgono i figli nella gestione della ricchezza finanziaria della famiglia, cerchiamo di stimolare l’inclusione dei più giovani, in modo graduale, attraverso soluzioni ponte che consentono di mediare l’esigenza di controllo sul patrimonio dei padri con quella di responsabilizzazione e di educazione finanziaria delle nuove generazioni.
3. In che modo le scelte di investimento dei clienti ad alta patrimonializzazione possono orientare in maniera significativa la transizione verso un’economia sostenibile?
I mercati privati (investimenti nel capitale di rischio dell’impresa) stanno prendendo sempre più piede anche in Italia, con clienti professionali che decidono di investire direttamente parte del proprio patrimonio in equity. In questo caso la scelta spesso ricade su aziende che operano in settori ad alta tecnologia, energie rinnovabili, mobilità sostenibile, accesso a infrastrutture e servizi allargati a fasce di utenti ampie, si tratta di opportunità che, oltre ad avere un impatto positivo sul nostro pianeta, offrono buone prospettive di performance nel medio lungo termine.
4. I clienti del wealth management sono davvero consapevoli delle implicazioni etiche e ambientali delle loro scelte finanziarie? Qual è il ruolo del consulente nel colmare eventuali gap?
I dati dimostrano che i clienti HNWI (High Net Worth Individuals) sono sempre più interessati ai temi ESG, soprattutto le nuove generazioni (millennials e Gen Z). La consapevolezza sta crescendo, ma non è omogenea e dipende da diversi fattori (età, cultura, provenienza geografica) e anche dal tipo di relazione con il consulente finanziario che gioca un ruolo chiave perché deve coniugare la performance, che resta il criterio chiave delle scelte, con fattori etico ambientali. Alcune piattaforme più evolute espongono in tempo reale il profilo ESG dei clienti che sono sempre più informati e diffidano di soluzioni che possono apparire di mero greenwashing.