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      Saldi: affari, per chi?

      Saldi, saldi, saldi: due volte l’anno un rito per tutti i consumatori e un appuntamento fisso nei servizi dei tg, ogni volta uguali a quelli dell’anno precedente. Ma i veri affari coi saldi chi la fa? I consumatori o piuttosto i venditori? Proviamo a capirlo meglio insieme, sfidando l’opinione del tutto convenzionale che i saldi avvantaggino gli acquirenti e argomentando, invece che chi se ne avvantaggia siano soprattutto i venditori.

      Ma facciamo un passo indietro, partendo dalla teoria e dagli studi sui consumi secondo i manuali di economia, partendo dal dato di fatto che gli economisti di professione solo di recente hanno imparato a misurare e studiare la psicologia dei consumatori.

      Il consumatore viene definito come un soggetto razionale e ben informato che  fissa inconsciamente  nella sua psicologia un livello massimo del prezzo che è disposto a pagare per ogni bene e, razionalmente, compra il bene solo se il prezzo di mercato è uguale o inferiore a questo livello soglia.

      Le decisioni di acquisto, quindi, sono basate su semplici confronti tra costi e benefici. Il consumatore effettua razionalmente un confronto tra il beneficio dell’acquisto (il valore psicologico  misurato dal livello soglia) ed il costo dell’acquisto (il prezzo da pagare). La teoria classica del consumo, in definitiva, rivela solo due grandezze rilevanti nel processo di acquisto: il valore assegnato al consumo del bene ed il prezzo di vendita corrente. Non è affatto rilevante sapere se il prezzo corrente sia stato mantenuto sempre fermo oppure se sia stato ribassato di recente del 20% o del 30%.

      L’esperienza dei venditori e gli studi di marketing documentano, tuttavia, l’esatto opposto: i consumatori tendono ad acquistare di più se sul cartellino del prezzo corrente viene riportato anche il prezzo applicato in passato e la percentuale di sconto su questo prezzo. Per qualche strano motivo, si vende di meno se si eliminano queste informazioni e si riporta solamente il prezzo corrente! E’ come se il mero fatto di sapere che il bene veniva venduto in passato ad un prezzo più elevato faccia aumentare la soddisfazione generata dal suo consumo e faccia innalzare il prezzo soglia che si è disposti a pagare oggi. La lezione per chi vende è chiara: si vende di più se, invece di chiedere 100 euro e basta si afferma che il prezzo è stato ribassato e che il prezzo “normale” è pari a 120 euro.

      Si tratta evidentemente di una peculiarità della nostra psicologia che ci rende un po’ irrazionali. In linea con la teoria classica, infatti, la piena razionalità richiederebbe che la nostra decisione di comprare o meno non debba dipendere dal prezzo a cui il bene veniva venduto in passato ma solo dal prezzo al quale viene venduto oggi.

      Saldi & Regole

      Le regole sui saldi di fine stagione impongono ai negozianti di riportare sull’etichetta anche il prezzo passato e la percentuale di sconto. In questo senso, queste regole assecondano pienamente le pratiche di marketing che sfruttano questa deviazione dalla piena razionalità.

      Il meccanismo psicologico descritto contrasta con la teoria economica classica. Esiste però un secondo meccanismo – questa volta perfettamente coerente con la teoria economica classica – che contribuisce a rendere i saldi vantaggiosi soprattutto per chi vende.

      Questo meccanismo si basa sul fatto che le regole sui saldi consentono ai venditori di segmentare la clientela e di applicare prezzi diversi a segmenti di clientela diversi. Prezzi più alti a chi valuta di più il bene, lo vuole subito ed è, quindi, disposto a pagare di più. Pressi più bassi a chi lo valuta meno ed è disposto ad aspettare per averlo.

      Le regole sui saldi di fine stagione impongono ai venditori di praticare gli sconti solo dopo una certa data (tradizionalmente il 6 gennaio). L’argomento che sarà svolto nel prosieguo è che queste regole potrebbero favorire il sorgere di una norma di comportamento tra i negozianti che limita la concorrenza reciproca.

      Di quale norma si sta parlando? Supponiamo che i negozianti vendano solo un tipo di cappotto e supponiamo che esistano solo due categorie di clienti. I clienti di serie A sono quelli disposti a pagare al massimo 600 euro per il cappotto. I clienti di serie B sono quelli disposti a pagare al massimo 480 euro. Ebbene, in queste circostanze, le regole sui saldi potrebbero favorire una norma di comportamento in base alla quale tutti praticano un prezzo di 600 prima dei saldi e di 480 durante i saldi.

      In effetti, qualche negoziante potrebbe “deviare” da questa norma e, al fine di accaparrarsi tutti i clienti di serie B prima dei saldi, potrebbe decidere di far pagare il cappotto 480 euro già a novembre. Dopotutto ognuno è libero di fissare i prezzi che vuole!

      Ma in un mondo con i saldi (come il mondo attuale) questa deviazione dalla norma non sarebbe affatto profittevole. Il prezzo più basso potrebbe essere interpretato dalla clientela come un segnale di qualità inferiore della merce. Inoltre, i clienti di serie B si aspettano comunque che il negozio in questione farà i saldi di fine stagione e, quindi, nell’attesa degli sconti non acquistano anche se il prezzo corrente è in linea con la loro valutazione del bene.

      Un mondo senza saldi

      Che cosa succederebbe se i saldi e le disposizioni che li regolamentano non esistessero? In un mondo senza saldi, nessuno si aspetterebbe i ribassi a gennaio e, già a partire da novembre, la clientela potenziale sarebbe composta sia da clienti di serie A che da clienti di serie B. In questo caso, i negozianti si troverebbero davanti al dilemma di decidere il prezzo di vendita per loro più conveniente sapendo che sia il prezzo 600 che il prezzo 480 presentano vantaggi e svantaggi. Il prezzo 600 è elevato ma si perdono i clienti di serie B. Con il prezzo 480 non si perde nessun cliente ma si realizza un mancato ricavo di 120 euro su ogni cliente di serie A.

      Quale prezzo decideranno i negozianti in un mondo senza saldi? La teoria economica, ma anche il buon senso, suggeriscono che in questo mondo il prezzo di vendita sarà di 480 euro a novembre così come a gennaio.

      Il motivo è il seguente. Anche se un negoziante considerasse inizialmente l’idea di vendere solo ai clienti di serie A e, quindi, di applicare un prezzo elevato pari a 600 egli cambierà subito opinione se ritiene probabile che qualche altro negoziante farà la scelta opposta ovvero quella di far pagare 480 euro. Se lui fa pagare 600 e qualche suo concorrente 480 la conseguenza sarà quella di non aver nessun cliente, né di serie A né di serie B. E’ vero che i clienti di serie A sono disposti a spendere fino a 600 ma, tra 600 e 480, costoro preferiranno sicuramente spendere 480 e rivolgersi al suo concorrente.

      Un altro modo per interpretare l’impatto dei saldi è riflettere sul fatto che, in un mondo con i saldi, il mercato è prevalentemente popolato da clienti di serie A prima dei saldi e da clienti di serie B durante il periodo dei saldi. In questo mondo, il negoziante che propende per un prezzo pari a 600 prima dei saldi sarà meno dubbioso sull’opportunità di fissare tale prezzo perché ritiene ragionevolmente che nessun suo concorrente sceglierà, prima dei saldi, il prezzo 480. Infatti, se tutti sanno che non ci sono clienti di serie B in giro prima dei saldi – o se ce ne sono solo pochi – allora nessuno avrà incentivo a far pagare 480.

      In conclusione, in un mondo senza saldi, nella nostra ipotetica situazione i prezzi sarebbero 480 per entrambe le categorie di clienti e non cambierebbero nel corso della stagione. Nel mondo attuale, invece, il mercato è segmentato. Prima dei saldi, si vende a 600 ai clienti di serie A, mentre, dopo i saldi, si vende a 480 ai clienti di serie B. In definitiva, l’esistenza dei saldi comporta un maggiore ricavo per i venditori su ogni cappotto venduto ai clienti di serie A. Chi ci guadagna sono i venditori, chi ci perde sono i clienti di serie A.

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