Erica Vecchione
1. Definisci il tuo lavoro di insegnante di italiano per stranieri come uno dei pochi dove si può viaggiare rimanendo seduti. È un po' quello che si fa quando si è genitori, improvvisandosi formatori anche dentro le mura domestiche. Con i tuoi figli parli mai di temi legati all'educazione finanziaria?
I miei figli sono ancora piccoli (8,6,2) però, alle due più grandi, cerchiamo di insegnar loro il rispetto del denaro da vivere con il giusto distacco. Vogliamo fargli capire, con concetti semplici e con l'esempio, che i soldi non nascono dagli sportelli bancomat e che non tutti i desideri di acquisto possono essere soddisfatti. L'educazione finanziaria andrebbe insegnata anche ai nonni, troppo inclini ad accondiscendere indistintamente a qualsiasi richiesta dei nipoti.
2. Quali sono gli strumenti che secondo te, ad oggi, vanno sviluppati per diffondere nel nostro Paese - tra i giovani ma non solo - una cultura finanziaria più consapevole e accorta?
Si può parlare di cultura finanziaria con chi ha a disposizione una certa liquidità, nel nostro paese sempre più famiglie si trovano ad arrancare a fine mese. Rispetto alla generazione precedente (60-70enni di oggi), le famiglie hanno scarsa possibilità di accantonare, di risparmiare, vuoi per l'Euro, per la scarsa crescita economica o per il precariato del lavoro. Ai nostri figli facciamo capire la relatività dell'avere e della proprietà. Vogliamo che comprendano che nascere nel benessere è un privilegio che proviene (anche) da una geografia favorevole.
3. Quanto è importante, in questo processo di sensibilizzazione alla cultura finanziaria, utilizzare i nuovi media?
A mio parere i media non servono a nulla, su molti fronti, anche su quello finanziario. Semmai non fanno altro che incrementare la compulsività del consumo immediato (benché di immagini e informazioni). La cultura al risparmio, alla gestione accorta del denaro, alla condivisione, deriva dalla cultura in generale e dalla conoscenza del mondo. Questi principi universali non si acquisiscono sui Social media, bensì in famiglia, a scuola, e attraverso le istituzioni.
4. Nelle esperienze lavorative con i tuoi studenti stranieri, hai riscontrato un gap di conoscenza rispetto agli italiani riguardo alle tematiche economico-finanziarie?
No, anche perché la maggior parte dei miei studenti (esclusi i manager di aziende europee con stipendi decisamente più alti degli italiani) erano soprattutto immigrati di prima generazione, arrivati in Italia con niente. E per questi ultimi, l'unica finanza conosciuta era quella del mangiare.
5. La gestione del bilancio familiare è un'attività che richiede impegno e attenzione, soprattutto per una donna madre e lavoratrice. Coinvolgi i tuoi figli nelle decisioni quotidiane e, se lo fai, in che modo li accompagni nel percorso verso il risparmio?
Nella nostra famiglia sia io che mio marito ci occupiamo dell'educazione, in misura uguale. I miei figli vengono con me a fare spesa e sanno benissimo che non possono avventarsi sulle scansie e arraffare tutto ciò che desiderano. In generale, credo che i bambini occidentali cresciuti in famiglie più o meno benestanti, abbiano perso il piacere di ricevere, poiché già avvezzi ad avere tutto. Per ora, l'unica forma di risparmio diretto che i miei figli hanno conosciuto è quella relativa ai soldi ricevuti dalla 'fatina dei denti'. E benché abbiano qualche euro da parte, non hanno ancora sentito il bisogno di spenderlo.