Maschio o femmina. Fa differenza?
Educazione finanziaria in famiglia: i genitori approcciano in modo diverso i figli maschi e le figlie femmine nell’affrontare il tema della gestione del denaro? Lo abbiamo chiesto a Emanuela Rinaldi, Ph.D. del Dipartimento di Sociologia Università Cattolica del Sacro Cuore.
In molte famiglie vi è una diversa impostazione nell’educazione dei figli maschi e delle femmine. È così anche per quel che riguarda l’educazione finanziaria?
Sì, è così. Anche se i genitori non sempre ne sono consapevoli, le ricerche indicano che spesso ci sono aspettative, atteggiamenti, comportamenti diversi nei confronti di maschi e femmine in famiglia. Non dimentichiamoci che il denaro rappresenta una fonte di potere estremamente importante nella nostra società: ad oggi, non si può dire che in Italia ci sia una “equa suddivisione” del potere tra i generi in diversi ambiti, e la famiglia può rispecchiare alcune di queste differenze-disuguaglianze.
Nel lato pratico quali sono le principali differenze?
Le differenze non si rivelano tanto nell’entità di denaro concessa quanto nelle modalità: i genitori sono più propensi a dare ai maschi una paghetta a cadenza regolare, mentre alle femmine una paghetta una tantum. L’autonomia nella gestione delle spese risulta maggiore per i maschi, che di solito sono meno controllati, e che spesso cercare fonti extra-familiari di denaro anche prima del raggiungimento della maggiore età, attraverso lavoretti retribuiti.
Quali sono le differenze principali tra maschi e femmine nei loro atteggiamenti verso il denaro?
Dipende dall’età. Fino agli 11 anni, cambiano solamente le aspettative genitoriali sulla professione che i figli intraprenderanno da adulti: i figli maschi tendenzialmente sono più incoraggiati rispetto alle femmine a fare lavori altamente remunerati (come ad esempio il notaio o il dentista). Durante la preadolescenza, invece, gli studi rivelano che i maschi spesso sono più materialisti (l’associazione tra “avere molto denaro” ed “essere felici” è più forte), più sicuri sulla personale gestione del denaro, più orientati agli investimenti. Tali differenze si rafforzano nell’adolescenza.
L’attenzione rivolta al risparmio cambia tra maschi e femmine? In altre parole, nella gestione della paghetta chi è più bravo, i maschi o le femmine?
Gli studi condotti fin qui non ci consentono di dire chi è più bravo. Molti dati, tuttavia, evidenziano che, anche tra gli adulti, le femmine tendenzialmente credono che gestire bene il proprio denaro significhi risparmiare, mentre i maschi associano la buona gestione del denaro con il “farlo fruttare”, per esempio con investimenti.
A che età si matura una “coscienza finanziaria”? Le prime preoccupazioni in merito al proprio futuro economico e alle proprie responsabilità arrivano con l’ingresso nel mondo del lavoro?
La coscienza finanziaria matura quando il pensiero economico del bambino si sviluppa al punto di comprendere abbastanza chiaramente il ruolo del mercato (intorno a 11-13 anni). Le preoccupazioni, invece, arrivano generalmente quando ci si avvicina al mondo del lavoro, ad esempio in occasione dell’esame di maturità. Tuttavia, a mio parere, i bambini di oggi, soprattutto in seguito alla preponderanza dell’utilizzo dei media, vivono più consapevolmente la crisi contemporanea sviluppando una coscienza economica più articolata rispetto a quella dei loro “coetanei” di qualche generazione fa.
Che ruolo possono giocare la famiglia e la scuola nella creazione di una “coscienza finanziaria”?
La famiglia e la scuola sono ancora oggi le agenzie principali di educazione economica e finanziaria per i minori in Italia. Per quanto riguarda la finanza, il loro ruolo principale è quello di costruire conoscenze e competenze di base nella gestione del denaro, che aiutino i ragazzi non solo a fare scelte consapevoli, ma anche a leggere con senso critico le informazioni che provengono dai media, a comprendere a quali persone o enti rivolgersi nel caso necessitino di chiarimenti o aiuto e a tutelare il proprio benessere finanziario.
Cosa s’intende per benessere finanziario?
Il benessere finanziario non si misura solo in termini di “capitale economico disponibile”, ma anche nel grado di soddisfazione che l’individuo prova in relazione a come guadagna, gestisce, investe e spende il proprio capitale, anche in relazione agli altri. In altre parole, il “benessere finanziario” si fonda sulla capacità di utilizzare il denaro non solo per sé ma anche altruisticamente e/o per fini collettivi, come nel caso di beneficienza, solidarietà, cooperazione, o semplicemente un regalo. Trarre soddisfazione nel vedere che il proprio gesto gratifica le persone a cui vogliamo bene aiuta, seppur in piccola parte, a migliorare il mondo in cui si vive.