Rendersi conto per rendere conto

Cristiana Rogate, tra le prime in Italia ad approfondire i temi della responsabilità sociale e della sostenibilità per tutti i soggetti della polis – pubblici e privati, profit e non profit - da oltre vent’anni è consulente e docente in materia di performance management, accountability e community engagement, integrando esperienza sul campo e attività accademica. Su questi temi ha pubblicato numerosi saggi e articoli e ha partecipato alla definizione di Linee guida nazionali.
Nel 2006 ha fondato Refe – Strategie di sviluppo sostenibile, società milanese leader su sostenibilità, misurazione della performance e partecipazione.
Già Presidente, è componente dell’OIV – Organismo Indipendente di Valutazione della Regione Emilia Romagna e componente del Comitato Etico e Sostenibilità di Hera S.p.A. Nominata nella Task Force Ministeriale sulla Riforma Madia per introdurre la sostenibilità nelle PPAA, ha partecipato alla stesura delle “Linee guida per la Pubblica Amministrazione” promosse da ASVIS. È Vice Presidente del Comitato Scientifico del GBS, l’Associazione nazionale per la ricerca scientifica sulla rendicontazione sociale a cui aderiscono più di 40 università italiane e ha coordinato il Tavolo di ricerca nazionale sulla “Rendicontazione sociale nel non profit e Riforma del Terzo Settore” che ha portato alla stesura del documento di ricerca n. 17. È nel Comitato Scientifico dell’Associazione di Cultura Economica e Politica Guido Carli.
 

1. Partiamo dal Bilancio sociale. Tutti ne parlano, ma in pochi hanno capito realmente di cosa si tratta. Ce lo può spiegare?

Il Bilancio sociale è prima di tutto una straordinaria bussola per fare un punto, internamente, sulla capacità dell’organizzazione di realizzare la sua missione e produrre valore per i suoi stakeholder, costruendo un sistema di misurazione delle performance sociali, economiche e ambientali che non si limiti ai risultati, ma verifichi anche gli effetti e impatti. In secondo luogo, se ben costruito, attiva una comunicazione di senso con i diversi interlocutori che riduce l’asimmetria informativa e consente di attivare processi di partecipazione costruttivi, consapevoli e informati.

2. Quali sono gli strumenti che consentono di accrescere l’efficacia, in termini di sostenibilità, delle organizzazioni private, pubbliche e non profit?

Formazione, governance responsabile, misurazione delle performance e partecipazione.
Il primo permette di aumentare la consapevolezza e di comprendere appieno cos’è la sostenibilità e perché è utile, calandola nel contesto specifico nel quale l’organizzazione opera. Il secondo consente di coinvolgere - in una logica di corresponsabilità – organi e staff nella pianificazione, rendicontazione e comunicazione dei cambiamenti prodotti su diritti, bisogni, condizioni, comportamenti dei diversi stakeholder. Il terzo elemento riguarda la capacità di costruire un sistema di misure significativo per rendersi conto e rendere conto degli effetti e degli impatti sociali, economici e ambientali derivanti dalle scelte e dalle attività dell’organizzazione. Ultimo elemento, collegato al precedente, è la capacità di attivare processi partecipativi che generino apprendimento per tutti i soggetti coinvolti e processi di valutazione consapevoli e informati.

3. Da quanto tempo in Italia le banche “misurano le performance” con ricaduta sociale? E a che punto è il nostro Paese rispetto all’Europa?

Il settore bancario è stato uno dei primi in Italia che, già dagli inizi del 2000, ha messo in atto processi di misurazione delle performance, pubblicando, a cura dell’ABI, le prime Linee Guida per la redazione dei bilanci sociali nel settore del credito. Il sistema bancario nel nostro Paese si sta allineando al resto d’Europa anche grazie al Regolamento (UE) 2019/2088 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari che richiede di migliorare la reportistica riguardante gli obbiettivi d’investimento sostenibile e l’informativa per gli investitori. In particolare, è richiesto di rendicontare gli impegni sociali ed ambientali e di analizzare i rischi derivanti da una mancata attenzione verso i temi della sostenibilità.

4. “Rendersi conto, per rendere conto” è il fil rouge della sua professione. Qual è il passaggio più complesso dei due?

È proprio così, Rendersi conto per rendere conto® è il metodo che in più di 20 anni di attività ha dimostrato la sua efficacia nell’aumentare reputation, responsabilità ed efficacia delle organizzazioni profit e nonprofit.
Nella prima fase, il rendersi conto, si ricostruisce il senso – significato e direzione – di scelte e attività, misurando la capacità di produrre cambiamenti durevoli e positivi sugli stakeholder, in linea con la missione e il quadro strategico dell’organizzazione. Direi che è questa la fase più complessa e delicata, proprio perchè “parla la lingua” della missione sociale e dei valori e di come questi si traducono in agire concreto tramite il contributo di ciascuno. È molto utile per aumentare consapevolezza interna, senso di appartenenza e per avviare modalità partecipate e innovative per una verifica continuativa sull’efficacia di quanto messo in campo ogni giorno.
È dalla qualità di questa fase che dipende l’efficacia del rendere conto ossia la capacità di attivare una comunicazione di senso, credibile e verificabile, in grado di mettere in luce gli elementi distintivi dell’organizzazione e il suo ruolo sociale e di conseguenza aumentare nei fatti il capitale relazionale e il legame fiduciario con i diversi stakeholder.