Le scienze allegre

A cura di Enrico Castrovilli, AEEE Italia - Associazione Europea per l’Educazione Economica

Perché rafforzare la cultura economica e finanziaria nelle scuole secondarie superiori

Il progetto sperimentale dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, realizzato in collaborazione con un gruppo qualificato di enti finanziari ed economici, ritiene opportuno dedicare all’economia e alla finanza un monte ore significativo nei percorsi scolastici delle scuole secondarie superiori. E’ quindi necessario individuare alcuni caratteri e macro-concetti che caratterizzano questo grappolo di discipline, per dare un senso alla loro presenza a fianco delle discipline scolastiche tradizionali. Realizzando questo obiettivo si potrà offrirà ai ragazzi un surplus di competenze e di motivazioni, ottenibile se finalmente non verrà trascurato dalla scuola italiana questo campo fondamentale delle scienze moderne. L’economia e la finanza potranno infatti essere meglio comprese e lasceranno soprattutto una traccia di competenze utili per la vita.

1. I caratteri dell’economia e della finanza

L’economia e la finanza non sono scienze semplici da capire e da apprendere. Neppure sono, come disse lo storico inglese Thomas Carlyle, scienze allegre. E in effetti non suscita allegria contemplare gli andamenti del PIL o della disoccupazione negli ultimi anni o assistere ai prezzi dei titoli e delle case muoversi come su delle montagne russe. Le scienze sociali quali sono l’economia e la finanza inoltre non sono concepite come competenze scientifiche di base nella scuola italiana. Sono presenti soprattutto come materie economiche aziendali, negli istituti tecnici economici - o commerciali per ragionieri, come si diceva una volta - intese come tecniche e non come scienze. Mentre il nuovo Liceo Economico Sociale, incardinato come un’opzione del Liceo delle Scienze Umane, per ora raccoglie non più del 2% degli studenti delle secondarie superiori.
L’aspetto distintivo delle scienze sociali è che l’oggetto su cui si esercitano gli studi di economia, finanza, diritto, sociologia e antropologia ed altri ancora è costituito da teorie e principi che sono al tempo stesso profondamente impregnati dai comportamenti degli uomini. Vale a dire che tra i principi e le azioni umane si genera un continuo flusso di azioni e reazioni tali per cui i comportamenti modificano i principi economici, questi ultimi a loro volta influenzando le azioni umane. Non a caso gli inglesi quando parlano di economia usano due termini complementari: economics quando vogliono indicare la scienza economica e economy quando fanno riferimento ai fatti economici.
La questione è che le mutevolezze della storia dell’uomo mostrano la incoercibilità dei comportamenti umani al raggiungimento di finalità costituite al di fuori di quello che è il corso degli avvenimenti. Tantomeno l’economia può gareggiare con la meteorologia, nel prevedere la prima la crescita del PIL e la seconda il bello o il cattivo tempo. Quanti sono stati gli economisti, Premi Nobel o meno che fossero, che hanno previsto la crisi del 2007-2008? Si contano sulle dita di una mano. Qualcuno vuole azzardare previsioni a cinque anni sullo stato dell’economia mondiale o solo di quella italiana? L’economia, la finanza e le scienze sociali devono invece saggiamente limitarsi (e questo non è poco, anzi è tantissimo!) a capire e interpretare la realtà, non possono pensare di riuscire a mettere le brache al mondo. Tanti, troppi tentativi di farlo sono falliti. Solo quando concorrono altri e ben più decisivi elementi favorevoli, in primis quelli culturali e istituzionali, le cose dell’economia possono percorrere un cammino desiderato.
Quanto appena detto non significa indifferenza agli esiti dei comportamenti economici, finanziari (o giuridici), né tantomeno significa che si vuole restringere il significato delle scelte economiche al breve periodo, convinti che azzeccato una volta per tutte un investimento fruttuoso (più o meno speculativo) tutto sarà sistemato, succubi del motto keynesiano che tanto “nel lungo periodo siamo tutti morti”. Sia ben chiaro: occorre valutare le scelte economiche distendendo il più possibile in un lungo periodo quali ne sono stati o ne saranno gli effetti. Quello che si vuole dire è che le scienze sociali e in primis l’economia, che tra di esse è la più aggressiva, devono possedere il senso del limite. Lo studio di economia e finanza non ha quindi la finalità di mettere nelle mani dei giovani una bacchetta magica con la quale manipoleranno a loro piacimento la realtà, ma più modestamente l’economia (qui come economics) deve avere l’obiettivo di dotare il prima possibile i ragazzi di categorie interpretative di un’ampia categoria di fatti, importanti per la vita loro e delle future generazioni. In questo modo i giovani saranno attrezzati a compiere scelte motivate, a sbagliare di meno o sperabilmente a comportarsi in maniera egregia, relativamente alle questioni di lavoro, imprese, prezzi, redditi, consumi, risparmi, investimenti e di tanti tanti altri aspetti economici e finanziari (qui come economy) che incontreranno nella vita. A meno di pensare di riservare all’impiegato in banca la scelta su come impiegare i propri risparmi, di incaricare parenti e amici di ricercare il lavoro per sé, di far decidere all’amministratore del condominio su come ristrutturare la propria casa. La familiarità con principi indissolubilmente collegati ai fatti della vita, renderà i giovani più saggi ed accorti nel compiere le proprie scelte.

2. I macro-concetti dell’economia e della finanza

Definire cosa sono l’economia e la finanza non è banale. Quasi ogni economista ne ha dato una sua definizione, differente da quella degli economisti che l’hanno preceduto. Per le finalità di questo scritto si propone di assumere per economics la definizione di economia di Lionel Robbins quando negli anni ’30 del secolo scorso l’economista inglese affermò che l’economia è la scienza “che studia la condotta umana come una relazione tra scopi e mezzi scarsi applicabili a usi alternativi”. Nei manuali per i corsi universitari la finanza è considerata la parte dell’economia che studia le molteplici relazioni tra i soggetti dotati di avanzo nei mezzi di pagamento e quelli in disavanzo. Oppure per finanza si può adottare la brillante definizione del Direttore Generale di Banca d’Italia Salvatore Rossi: “la finanza consiste nella possibilità di traslare nel tempo e nello spazio la possibilità/capacità di procurarsi cose utili nell’immediato” [1]. I macro-concetti seguenti sembrano più di altri utili per studiare l’economia e la finanza.

  1. Saper scegliere è l’arte dell’economia
    Utilizziamo la suggestione di Robbins dell’economia come scienza delle scelte nell’uso delle risorse. In termini assai sintetici, possiamo considerare una catena di scelte. I soggetti economici posseggono le risorse economiche fondamentali: terra, capitale, lavoro, capacità imprenditoriale. Con la gestione delle risorse, si producono beni e servizi, generando flussi di redditi che sono distribuiti ai soggetti economici: salari, stipendi, interessi, profitti, rendite. I redditi sono calcolati nell’arco di un periodo, es. l’anno. I redditi possono essere destinati al consumo o risparmiati per aumentare il patrimonio di un soggetto. Il patrimonio è composto da attività reali (case) e finanziarie (liquidi, titoli, azioni, etc.), che se ben gestite possono a loro volta produrre redditi. Una cattiva gestione delle risorse può però anche generare delle passività (debiti), che diminuiscono il valore patrimonio netto. Il patrimonio è calcolato nell’istante finale del periodo di tempo considerato ad esempio alla fine di un anno o di un esercizio di un’azienda. Le relazioni qui schematicamente riassunte necessitano il compimento di una serie innumerevole di scelte relative a impiego delle risorse, produzioni di beni e servizi, distribuzione dei redditi, impiego dei redditi, consumi, risparmi, gestione del patrimonio. L’economia costituisce quindi una potente ginnastica mentale per compiere scelte, la dote del possesso di buoni criteri farà compiere buone scelte.
     
  2. Il costo-opportunità
    Ogni volta che si effettua una scelta nell’uso delle risorse al tempo stesso si escludono tutte le scelte alternative. Con in tasca 15€ si può comprare il libro desiderato, ma non un altro libro; se un ragazzo gioca a pallone non potrà contemporaneamente andare al cinema; se una ragazza passa il pomeriggio a studiare non potrà vedere le sue amiche; se invece le vedrà, avrà meno tempo per lo studio e potrebbe avere una cattiva valutazione a scuola e molti rimbrotti a casa. Ogni scelta ha quindi un costo. Gli economisti utilizzano la nozione di costo-opportunità, per indicare che in tutti i casi in cui vengono effettuate delle scelte nell’uso delle risorse si genera un costo. Esso consiste nella migliore alternativa a cui si è rinunciato ogni volta che effettuo una scelta. Nel campo finanziario sussiste ad esempio la scelta cruciale su come impiegare i propri redditi: li consumerò o li risparmierò e in che misura? Questa scelta ha potenti implicazioni sia sul piano personale e familiare, che su quello generale (detto anche macroeconomico). Un buon equilibrio tra risparmi e consumi può generare il benessere personale e collettivo.
     
  3. Il ruolo del tempo
    Qual è il ruolo del tempo nelle scelte economiche e finanziarie? Alcuni atti hanno effetti immediati o di breve periodo (al massimo entro l’anno), altri di medio (entro pochi anni), altri ancora di lungo o lunghissimo periodo (lustri, decenni se non più a lungo termine ancora). I giovani sono oggi maestri nel compiere arbitraggi (confronti dei prezzi in vista di una scelta) quando debbono comprare apparecchiature elettroniche o digitali. Telefonini, smartphone, applicazioni, non hanno per loro segreti né sul piano tecnologico né su quello dei loro prezzi. Ma l’approccio temporale di medio-lungo periodo diventa assolutamente rilevante quando occorre scegliere gli impieghi dei risparmi in attività finanziarie di più lunga durata. Pensiamo ancora alla scelta di frequentare un certo corso universitario o un altro; alle questioni legate al futuro previdenziale che oggi va impostato in vista dei prossimi decenni; alla costituzione o meno di una famiglia, se avere dei figli, comportamenti che avranno un impatto enorme sul futuro propri e della propria società.
     
  4. L’approccio quantitativo, rischio e incertezza
    L’economia è scienza fortemente quantitativa. Occorre calcolare costi, ricavi, salari che spettano ai dipendenti, se vi sono stati profitti e se è bene distribuirli ai soci o reinvestirli. Su di un piano più generale occorre determinare i valori del PIL (l’indicatore principale dello stato di salute di un’economia), prezzi e inflazione/deflazione, occupazione/disoccupazione, cambi delle valute, importazioni/esportazioni, andamenti dei mercati finanziari. Il calcolo economico e statistico ha due angolature: quella ex-post relativa alla conoscenza degli andamenti dei fatti trascorsi, e quello ex-ante relativo al tentativo di effettuare previsioni, la cui possibile fallacia (in precedenza ricordata) deve essere fortemente tenuta presente in ogni studio economico. Purtuttavia le previsioni costituiscono uno dei criteri che sorreggono le scelte. Occorre ben distinguere tra fatti rischiosi (dei quali è possibile calcolare la probabilità dell’accadimento) e fatti incerti, che presentano la caratteristica (secondo l’economista F Knight e le suggestioni di Nassim Taleb) di essere dei cigni neri privi di possibilità di poter essere previsti, ma capaci di lasciare grandi impatti sulla vita dell’uomo.
     
  5. L’economia, la finanza e il benessere
    Le scelte finanziarie ed economiche hanno effetti formidabili sul benessere individuale e collettivo. Buone scelte economiche possono spostare in modo positivo quella che gli economisti chiamano la frontiera produttiva, aumentando l’insieme dei beni e servizi che un sistema economico può produrre. La finanza può offrire capitali a prestito, che con l’effetto leva ampliano le possibili combinazioni dei fattori produttivi e la quantità di beni e servizi producibili, generando ulteriore benessere. Attenzione però! l’effetto leva è positivo solo se con i capitali prestati si ottiene un ritorno economico superiore al costo dei capitali presi a prestito. Nel caso opposto vi sarà un fallimento in vista.
     
  6. L’economia e la finanza sono parti della cultura
    Scelta, costo-opportunità, tempo, quantità, benessere sono macro-concetti che caratterizzano l’economia e la finanza e che hanno necessità di avere solidi riferimenti in altre scienze e discipline, di carattere culturale generale. Contributi e dialoghi ravvicinati sono necessari con storia, filosofia, letteratura e con le scienze dure: matematica e statistica, ma anche con fisica e scienze naturali. La mappa delle intersezioni tra le diverse scienze è davvero ricca. Solo qualche esempio. Storia e la cliometria con storia economica; filosofia con i principi e l’etica dell’economia e della finanza; letteratura e le grandi narrazioni sull’uomo, la cui vita è impregnata di fatti economici; matematica-statistica con i calcoli degli aspetti quantitativi e il significato delle previsioni; le scienze e l’ambiente; la fisica, l’equilibrio e l’entropia. Tanti aspetti culturali sussistono nell’economia quanti sono i dialoghi possibili tra altre discipline l’economia e la finanza. Per fare solo un esempio l’analisi e l’interpretazione dei dati e le modellizzazioni econometriche costituiscono un campo imprescindibile per ogni economista che fa dialogare proficuamente una scienza sociale come l’economia con quelle statistiche e quantitative. Così facendo l’economia e la finanza diverranno meno tristi e più comprensibili.

[1] Cit. pag.6, Salvatore Rossi, Processo alla finanza”, Editori Laterza, 2013